Home » Senza categoria

SUOR ELISA: UNA SUORA DALLA “STOFFA” ROBUSTA

28 luglio 2002 Nessun Commento
Missionaria montebellese, paesino della provincia di Reggio Calabria, da 17 anni in Bolivia, apre 7 istituti religiosi in una realtà difficile.

Montebello Jonico- suor Elisa, suora salesiana oblata del Sacro Cuore, Istituto religioso fondato da Mons. Giuseppe Cognata , giovanissima decide di essere suora, e da sempre sente il desiderio di tendere la mano verso il più bisognoso.
“il mio primo desiderio, era quello di essere missionaria” queste le parole di suor Elisa, forti e decise tali da scalfire nel cuore di ciascuno l’impronta del forte desiderio, la forza ed il coraggio che hanno caratterizzato questa donna fino al punto di partire in tempi difficili ed in realtà del tutto complesse.
Suor Elisa è una figlia di Montebello, un paesino che si trova a 470 chilometri sul livello del mare, vicino Pentadattilo e ai piedi dell’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria.
Una terra, la sua, “fertile” dal punto di vista vocazionale e coraggiosa perché forse provata e questa caratteristica, fa parte di Suor Elisa, amica del coraggio che appena nel lontano 1985 ha udito la voce della madre generale che affermava il bisogno urgente di andare per evangelizzare e servire, è stata la prima ad alzare la mano del cuore per confermare il suo sì, il suo forte desiderio di essere nell’essere dell’uomo, di quell’uomo che poco ancora sapeva di Dio e che tanto aveva bisogno.
Ecco la motivazione del partire: evangelizzare, far conoscere Dio attraverso la donazione completa, totale, servendo e donando se stessi, chi non si conosce ma chi sicuramente porta nella propria identità un grande tratto comune ossia quello che ci rende fratelli perché tutti figli dello stesso Padre.
E la missionaria sa che dovrà servire spirito e corpo della gente date le precarie condizioni di vita della Bolivia, di questa terra inglobata nella ricchezza ma piena di tanta povertà fino al punto di vedere bimbi scalzi e senza vestiti, morti di fame come lei stessa dice e tante mamme e papà in attesa di una speranza.
Bene la speranza arriva e proprio dall’Italia, da Montebello ed a rappresentarla una suora dal cuore grande fino al punto di rinunciare a se stessa, alla propria famiglia, ai suoi affetti per un affetto più grande: servire Dio nel mondo, nel povero perché come lei stessa afferma là dove c’è sofferenza, là dove c’è necessità là dove c’è gioia o pianto, in ogni uomo c’è Dio che chiede di condividere tutto con Lui.
E sur Elisa ha voluto condividere proprio tutto, consapevole del grosso carico , ma fiduciosa dell’aiuto di Dio ha detto sì, “parto, voglio partire” e così assieme ad altre 3 suore prendono l’aereo giorno della Madonna del Rosario che era il 7 ottobre 1985.
Arrivati in Bolivia, e precisamente a Portacosta 4200 metri sul livello del mare le suore non trovano nulla, solo una casa senza mobili. Mancava tutto.
C’era però una cucina che era stata data in prestito ma poi il giorno dopo i proprietari sono venuti a prenderla.
Non c’era né sale, né olio ma solo qualche pacco di pasta che l’altra suora aveva portato dall’Italia e un po’ di burro.
La sera i boliviani preparano una festa per le suore e come cena offrono patate, fave bollite, mais bollito e “ciugno” una specie di patata congelata non al congelatore ma al freddo della notte (Portacosta, è il paese che si trova a 4200 metri sul livello del mare) anche perché tra l’altro pur volendo non esiste l’energia elettrica.
Comunque le suore pensavano di comprare l’essenziale il giorno dopo e precisamente il lunedì ma purtroppo trovano tutto chiuso perché i mercati funzionano solo domenica e giovedì. C’era qualche bottega ma era chiusa perché i proprietari lavoravano nelle campagne.
Comunque per compassione una persona del paese dona alle suore una cipolla, una banana ed un pezzettino di formaggio. Con questi alimenti mangiarono cinque persone.
Così inizia la missione di Suor Elisa e di Suor Rosetta, a Portacosta nella casa intitolata “Porta del Cielo” una casa spoglia di cose ma ricca di sentimenti, di desiderio di donare, di amare, di accogliere tutti, gli sconosciuti, i malnutriti, chi viveva per strada perché là dove qualcuno bussa c’è Dio.
E le suore lasciando tutto alle spalle portando con sé solo il cuore e la voglia grande di servire hanno iniziato il loro viaggio, in una realtà veramente complessa dove, afferma suor Elisa, tutti ci guardavano diffidenti, perché estranei alla loro cultura ed alla loro mentalità.
Venivano considerati degli intrusi e per questo anche nei mercati e nelle botteghe ai primi tempi le vendite venivano fatte con difficoltà e spesso i negozianti preferivano tenere invenduto il prodotto anziché commerciarlo alle suore dicendo “non ha prezzo”.
Un giorno suor Elisa era entrata in una bottega per comprare un po’ di carne e il proprietario rispose che non ne aveva. La suora affermava che era là esposta e che voleva proprio quella e lui rispondeva dicendo che quella carne non ha prezzo. Nel linguaggio boliviano, il “non ha prezzo” vuol dire non si vende.
Dopo sei mesi di missione, tutto però si è ribaltato positivamente fino al punto che le suore potevano entrare nelle botteghe e nei mercati e servirsi da sé, prendere cio che volevano e portarlo a casa.
Ormai gli abitanti di Portacosta avevano capito il senso della presenza delle suore nel loro paese e avevano chiaro l’aiuto che davano a tutti da qui la loro tranquillità e ora il desiderio di averle con sé.
Suor Elisa e suor Rosetta non conoscevano la lingua di Portacosta che era l’ “aimara” un dialetto del casigliano che altro non è, quest’ultimo, che un miscuglio tra spagnolo e lingua comune.
Ciò nonostante già dai primi giorni andavano a visitare le famiglie dando loro il saluto e qualche alta parola che erano riuscite ad imparare.
Comunque , afferma suor Elisa, il tempo maggiore veniva dedicato alla preghiera per chiedere a Dio come fare per entrare nelle famiglie ed incidere in quella cultura estranea alla nostra.
E qui si alza il tono di sur Elisa la quale con voce decisa afferma che i missionari senza la forza della preghiera non possono andare avanti perché è il solo modo che far camminare sulle rocce dove il cammino è difficile , sul ghiaccio dove tutti scivolano, ed ancora nei burroni dove tutti cadono.
E sicuramente è stata la forza della preghiera a far si che le suore imparassero presto a vivere in quel nuovo ambiente culturale, politico e sociale come sicuramente è stata la forza della preghiera a far si che suor Elisa riuscisse a salvare come un ottimo medico tanta gente prossima a morire.
Queste le prime basi della missione, queste le prime attività, che tutt’oggi sono pane quotidiano, missione di ogni giorno; ma il tempo ha dato la possibilità a Suor Elisa di capire e leggere i segni dei tempi entrando dentro il cuore della gente, dentro la persona, dentro il solo e l’abbandonato, dentro quei 2000 bambini che dormivano con o senza genitori sotto i ponti, lungo i torrenti e per la strada.
L’analisi era chiara, il bisogno evidente, il cambiamento necessario. Ma cosa fare per colmare tutte queste lacune? Questo il grande interrogativo che per notti e notti fra lacrime e sospiri ha accompagnato suor Elisa.
Dopo lunghe meditazioni la missionaria ha compreso e letto bene il messaggio del futuro: abbracciare gli adulti e stringersi ai piccoli, solo cambiando la mentalità delle nuove generazioni si poteva avere una società diversa.
Questa la grande intuizione della missionaria, una intuizione rilucente piena di prospettive ma anche di sacrifici legati al come iniziare per far mutare.
“se si lavora bene sulle nuove generazioni, sicuramente il futuro sarà migliore” ha affermato la missionaria perché sicuramente un ragazzo con nuova mentalità è un giovane che potrà dare alla sua gente la forza, il coraggio, le prospettive ed ancora la voglia di continuare a cambiare.
Comunque gli adulti vanno educati e aiutati perché possano avere la possibilità di cambiare e di camminare all’interno di una società dinamica che muta atteggiamenti e modi di vita, avendo così la possibilità di contenere il “nuovo”, ciò che senza adeguata preparazione potrebbe non essere accettato.
Queste considerazioni accompagnarono la missionaria per notti e notti e per giorni e giorni e tra sonno veglia, tra preghiera e silenzio capisce che bisogna costruire qualcosa per accogliere tutti, una casa per gente abbandonata, un asilo i piccoli purtroppo poveri ed in mezzo alla strada.
Dopo lotte e sacrifici la missionaria riesce a realizzare queste due importanti opere e così tutti in quel piccolo angolo di terra avevano diritto a porre il capo sotto un tetto.
Dopo alcuni anni la missionaria si spinge ancora avanti, conosce l’importanza dell’istruzione e vuole che i “suoi bambini” crescano preparati e così non si arrende, va avanti, corre verso alte mete, verso la costruzione di una scuola elementare e poi una media.
Anche questa volta ci riesce, costruisce delle strutture idonee, assume maestre e professori, facendo crescere il livello culturale dei più poveri e di chi comunque costituisce una elevata percentuale della popolazione.
Come abbiamo fatto a fare queste cose? ….. questa la domanda che si pone la missionaria ancora oggi. Non lo sappiamo, dice con voce decisa, la forza di Dio e della Sua Provvidenza ha fatto tutto.
E a tal proposito racconta una breve storia:
Un giorno un bambino doveva essere operato… servivano 300 dollari e la madre era venuta per chiederle alle missionarie.
Le suore in casa le suore avevano solo 290. Suor Elisa dice a Suor Rosetta di prenderli e darli tutti. E così fu fatto.
Il giorno dopo, dice suor Elisa, ci telefona una signora di Milano che conosceva la realtà boliviana per chiederci il conto corrente dell’Istituto al fine di fare un’offerta.
La provvidenza non ci abbandona mai! Ha esclamato la missionaria
Il primo desiderio è comunque quello di evangelizzare grandi ed adulti ed è così che nascono anche le prime vocazioni boliviane, le prime suore del luogo che hanno come carisma quello delle stesse suore: lavorare nei posti più abbandonati dove non ci sono altre presenze religiose, dove cioè manca chi evangelizza, chi lavora con la gente per la costruzione del proprio mondo interiore, del proprio cuore e del proprio essere.
“la provvidenza non ci ha mai abbandonati, ha affermato Suor Elisa, dopo un anno abbiamo avuto ben cinque vocazioni boliviane, ragazze che avevano deciso di abbracciare la stessa vita per donarla in modo integrale”.
Per i primi tre anni Suor Elisa lavora a Portacosta e vivendo ormai a stretto contatto con questi luoghi si rende conto dell’immenso bisogno che c’è altrove, nei paesi vicini ed in quelli lontani.
Il pensiero di sapere tanta altra gente abbandonata non la fa stare serena e così sente il bisogno di allargare gli orizzonti, aprire una nuova casa là dove si presentavano nuove necessità.
E col trascorrere degli anni non una ma ben sette case religiose sono state aperte nel territorio boliviano per diffondere il Vangelo e lo spirito di servizio, il carisma e la testimonianza di chi vuole donare se stesso al fine di portare all’incontro con Dio chi non lo conosce o lo conosce poco.
Però, afferma suor Elisa, con gli occhi pieni di luce, le scelte non sono state mie, ciò che ho fatto non l’ho fatto io, sono stata assistita sempre da Dio, da questa persona grandissima che vive dentro di me e dentro ogni uomo, a Lui mi sono sempre rivolta, a Lui ho chiesto e Lui ha fatto tutto, mi ha dato la possibilità di incontrarlo e servirlo nella gente regalandomi tanta felicità e tanta forza per andare avanti e per trasmetterla a chi ormai non ne aveva più.
Ma missionaria è serena e pensosa, serena per cio che si è fatto e si sta continuando a fare, pensosa per le innumerevoli necessità e per il tanto che si dovrà fare.
Tra l’altro il governo attuale non fa nulla per il popolo, sembra essere dimentico di tutto e solo immerso nelle tante promesse e nel niente sicuro.
Attualmente, dice Suor Elisa, è presente il movimento nazionale rivoluzionario detto MNR un partito presente ieri come oggi e che, sulla carta risulta essere democratico.
Questo governo prometteva ben 4000 posti di lavoro mentre dopo all’alba del mandato affidato dagli elettori chiudeva tantissime miniere facendo sì che si perdessero ben 5000 posti di lavoro.
La Bolivia è povera ma stranamente ricca, un paradosso vero e proprio ma la realtà presente narra questo tanto che i boliviani per usano un detto finalizzato ad interpretare questo loro stato affermano : “la Bolivia: signora ricca seduta su una sedia a rotelle”.
Sicuramente ci sarebbero tanti “medici” capaci di parla camminare da sola ma…. Forse sono impegnati a far altro, grandi interventi forse non curandosi di questo voluto e ritenuto piccolo forse.
E così l’agricoltura rimane arenata, le miniere chiuse, il lavoro statico facendo così incrementare la povertà e la sete di bisogno.
Eppure si produce di tutto, afferma la missionaria, zucchero, riso, olio di semi, arachidi e tanti altri però questi prodotti non vengono esportati, non vengono commercializzati nel giusto modo e così non producono ricchezza economica.
Viene coltivata soprattutto coca della quale vengono vendute le foglie soprattutto agli americani, in testa il Cile e la Colombia, e poi Paraguay, Perù, Brasile, Argentina e tanti altri.
In questi paesi il prodotto grezzo viene lavorato e poi commercializzato verso altri stati.
In Bolivia c’è qualcuno che tenta di raffinare il prodotto però i risultati scarsi impongono la vendita del grezzo.
Da dieci anni a questa parte, ufficialmente lo stato ostacolava il contrabbando della coca anche se poi realmente ciò non avveniva lasciando libertà ai produttori di operare nel campo in modo quasi libero.
Da quattro anni a questa parte però c’è stata una quasi reale ufficializzazione del divieto di esportazione e solo una minima parte del prodotto riusciva ad introdursi nei mercati in modo clandestino.
Questa limitazione è legata sostanzialmente ai dissidi interni fra governi tali da comportare un imponente crollo dell’economia essendo basata per buona parte proprio sulla vendita di questa specie vegetale.
E comunque la terra della Bolivia da sempre è stata oggetto di contendimenti; ciò che poteva essere elemento di rilancio per l’economia è stato sottratto con le guerre come per esempio i due porti dei quali uno è diventato “proprietà” del Perù e l’altro del Cile.
Adesso il 6 agosto ci sono state le nuove elezioni ed il nuovo presidente eletto è Gonzales Sanches De Losada, già presidente in altre 2 passate legislature ed ancora non si sa ocme reagirà nei confronti del mercato della coca.
I “campesinos” cioè i contadini aspettano con ansia ed impazienza le nuove norme in merito anche se già sanno che in passato Gonzales Sanches De Losada era il tipo che non dava molti “fastidi” in merito.
Se il presidente dovesse deludere il popolo ci potrebbero essere sommosse, blocchi di strade e comunque disordini sociali di elevato spessore dal momento che i “campesinos” rappresentano il 70% dell’elettorato fatto ora non solo di uomini ma anche di donna dal momento che nel 1985 è stato concesso loro il diritto di voto.
Gonzales Sanches De Losada ha promesso lavoro in vari settori ma principalmente nell’agricoltura e nell’industria dove sono presenti fiorenti miniere di oro, argento, stagno, piombo, argento, petrolio, gas ecc…
Ma alcuni temono il “vecchio gioco” promesse e poi solo fumi o ancora peggio vendere tutto agli americano come è successo nel 1985 anno in cui vennero vendute agli americano che, dopo averle sfruttate per un certo periodo decisero la chiusura perché i costi erano “troppo elevati”.
Comunque ciò nonostante il popolo spera, cerca di vedere la realizzazione delle promesse, sogna di vivere in un futuro migliore, in una società fatta di normalità e non di fame e sofferenza.
Ed in questo mare, in questo oceano dipinto di blu dove tante sono le onde impetuose e violente continua il lavoro delle missionarie che silenziosamente aprono vere speranze promuovendo lo sviluppo di nuove mentalità, di bambini che saranno il futuro del domani e che forse saranno presidenti e forze rappresentative del paese.
Sicuramente non saranno “venditori di fumi” perché forgiati nel crogiolo della sofferenza e perché per la stessa hanno lottato e patito.
Saranno loro la speranza del domani e saranno le missionarie l’inizio di una catena che nel futuro crescerà sempre più per dare giorno dopo giorno il messaggio di Cristo che vuole tutti salvi e liberi da ogni forma di schiavitù.
Per questo loro hanno dato la vita ed altri ancora la daranno e questo importante fine sarà l’elemento base che consentirà di scalare ogni montagna, attraversare ogni fuoco perché ogni qual volta si riuscirà a liberare qualcuno, vuol dire che si è riusciti a liberare il mondo.

Vincenzo Malacrinò

Lascia un Commento