ECCO PERCHE’ HANNO SCIOLTO IL COMUNE DI MELITO DI PORTO SALVO
I menzionati sindaci pro tempore sono indagati del reato di cui all’art. 416-bis commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 c.p. per aver fatto parte di un’associazione mafiosa operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria contribuendo con il loro apporto, consolidato nel tempo, agli scopi dell’organizzazione quali: acquisire appalti pubblici, influire sul libero esercizio del voto, procurare a se’ e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati vicini alla menzionata organizzazione in cambio di future utilita’.
I citati dipendenti comunali sono imputati dei reati di cui agli arti. 110 e 416-bis commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 c. p., perche’ come concorrenti “esterni”, nelle loro qualita’ ed in diretto contatto con i vertici dell’organizzazione, si ponevano quali soggetti di riferimento per il sodalizio criminale all’interno dell’amministrazione comunale favorendo, anche nell’adozione di specifici provvedimenti preventivamente concordati con personaggi e imprese intranei o riconducibili alla cosca, comunque garantendo il loro appoggio all’organizzazione in particolare nella illecita attivita’ di controllo dei pubblici appalti, con innegabili riflessi in termini di rafforzamento e consolidamento dell’associazione.
Le risultanze della suddetta operazione di polizia giudiziaria hanno formato oggetto di un apposito esame in sede di riunione tecnica di coordinamento interforze il 14 febbraio 2013 alla presenza del Procuratore della Repubblica f.f. all’esito della quale il prefetto ha redatto l’allegata relazione in data 15 febbraio 2013 che costituisce parte integrante della presente proposta.
A seguito delle contestuali dimissioni dalla carica rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri il consiglio comunale di Melito Porto Salvo con decreto del Presidente della Repubblica in data 22 febbraio 2013, e’ stato sciolto ai sensi dell’art. 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con la conseguente nomina di un commissario straordinario per la provvisoria gestione dell’amministrazione.
Esaminati compiutamente i contenuti della citata ordinanza cautelare dai quali e’ emersa l’illegittima interferenza della criminalita’ organizzata sia sugli organi elettivi sia su componenti dell’apparato burocratico il prefetto di Reggio Calabria, con decreto del 25 febbraio 2013 integrato con decreto del 28 febbraio 2013, ha affidato ai sensi ai sensi dell’art. 143, comma 12 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la gestione di quell’amministrazione comunale ad una commissione straordinaria, in presenza delle condizioni di necessita’ e urgenza ed al fine di scongiurare il perpetuarsi di situazioni che avrebbero potuto ulteriormente compromettere lo svolgimento dell’attivita’ amministrativa.
Nella citata relazione del 15 febbraio 2013 il prefetto di Reggio Calabria da atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalita’ organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per l’applicazione della misura prevista dall’art. 143 del citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Gli accertamenti svolti in ambito giudiziario hanno interessato la cornice criminale ed il contesto ambientale ove si colloca l’ente locale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le locali cosche ed hanno evidenziato come l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato, nel tempo, nel favorire soggetti o imprese collegati direttamente od indirettamente ad ambienti malavitosi, per l’esistenza di una fitta ed intricata rete di amicizie e frequentazioni che lega alcuni amministratori ad esponenti delle locali consorterie criminali od a soggetti ad esse contigui.
Il comune di Melito Porto Salvo e’ ricompreso in un ambito territoriale notoriamente caratterizzato dalla radicata e pervasiva presenza della citata organizzazione criminale con un raggio di azione che si estende anche ad altri comuni della provincia tra i quali quelli di Bova Marina e Bagaladi, i cui consigli sono stati recentemente destinatari del provvedimento di cui all’art. 143 del citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Lo stesso comune di Melito Porto Salvo era stato interessato dal provvedimento di scioglimento per condizionamenti da parte della criminalita’ organizzata nel 1991 e nel 1996.
Le indagini giudiziarie hanno evidenziato una sostanziale continuita’ nelle amministrazioni che si sono succedute alla guida dell’ente, atteso che, come gia’ evidenziato, l’organo di vertice eletto all’esito della tornata elettorale del 2012 aveva ricoperto, nel corso del precedente mandato, la carica di consigliere e comunale: inoltre un rilevante numero degli amministratori eletti nei 2012 ha fatto parte, a diverso titolo, degli organi dell’ente sin dall’anno 1998.
Il dato fattuale della continuita’ e della sussistenza di comuni interessi tra rappresentanti della compagine eletta e componenti della locale organizzazione criminale e’ avvalorato dalla circostanza che, nella tornata elettorale del 2012, tra i candidati e sostenitori della lista di colui che e’ stato eletto sindaco figurano persone il cui nucleo familiare e’ riconducibile alla locale criminalita’ organizzata
Gli accertamenti giudiziari hanno fatto emergere in particolare come l’azione amministrativa condotta dal primo cittadino sia stata improntata al clientelismo e volta, negli anni, a tutelare gli interessi del sodalizio mafioso che, anche in coincidenza della campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2012, ne ha appoggiato la candidatura e favorito l’elezione.
E’ stato altresi’ posto in rilevo come, nel corso della menzionata campagna elettorale, i candidati delle liste concorrenti a quella capeggiata dal futuro sindaco abbiano subito illecite pressioni poste in essere da soggetti riconducibili alla locale cosca, sostenitori della lista del piu’ volte menzionato futuro primo cittadino.
Ulteriore rilevante elemento, che attesta come siano radicati i rapporti tra il citato amministratore e la criminalita’ organizzata, e’ dato dalla circostanza che gli stessi sono stati mantenuti e sono continuati, sebbene con diverse modalita’, nonostante i vertici del sodalizio siano stati a piu’ riprese colpiti da provvedimenti cautelati di reclusione.
Il delineato assetto dell’amministrazione, unitamente al generale stato di disordine organizzativo e di mancato rispetto delle disposizioni dettate dall’ordinamento vigente, si sono rivelati condizioni adeguate a favorire la permeabilita’ dell’ente al condizionamento di tipo mafioso posto in essere dalla criminalita’ organizzata.
Le ingerenze della criminalita’ nelle funzioni e nelle attivita’ svolte dal comune si sono tradotte in molteplici illegittimita’, abusi, anomalie e sviamenti dell’attivita’ amministrativa volti a favorire economicamente o sotto forma di altre utilita’ persone o societa’ direttamente o indirettamente collegati ad esponenti della locale consorteria mafiosa.
Fattori che attestano la penetrazione malavitosa sono emersi dall’analisi delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori sevizi e forniture. E’ stata riscontrata la ricorrenza di quei caratteri indiziari che connotano i sistemi di gestione illegale delle gare ad evidenza pubblica, quali la presenza ripetuta delle medesime ditte in gare diverse con un avvicendamento delle stesse nelle aggiudicazioni nonche’ la riferibilita’ di tali aziende a cosche mafiose locali.
Tali modalita’ operative, che hanno avuto origine nel corso di precedenti consessi e sono proseguite, consolidandosi, negli anni successivi, risultano evidenti nelle assegnazione di lavori pubblici, nel conferimento di incarichi concernenti la responsabilita’ di servizi a soggetti organici o riconducibili a organizzazioni criminali, nelle anomalie riscontrate nell’ufficio amministrativo contabile.
Attengono al primo degli aspetti evidenziati le procedure inerenti la realizzazione di una centrale a carbone, da effettuarsi nell’area attualmente occupata da uno stabilimento chimico e per il quale l’amministrazione eletta nel 2012 ha gia’ rilasciato i relativi titoli autorizzativi.
La realizzazione dell’impianto in questione comportera’ un importante investimento economico intorno al quale si sono concentrate le attenzioni dell’organizzazione criminale egemone.
I contenuti di alcune fonti tecniche di prova hanno infatti posto in rilievo la sussistenza di accordi intercorsi tra esponenti della locale criminalita’ organizzata, gruppi affaristici e componenti dell’amministrazione comunale su alcuni aspetti procedurali connessi alla realizzazione dell’impianto.
Particolarmente significativo in tal senso e’ stato il ruolo svolto dal sindaco che, pur mantenendo una posizione ufficialmente contraria alla realizzazione della centrale a carbone, ha al tempo stesso stabilito e coltivato rapporti con un consulente che, per conto di una societa’ interessata al suddetto investimento, e’ risultato essere il principale sostenitore della rivalutazione in chiave industriale dell’area in questione. Il citato consulente, a sua volta, aveva gia’ stretto contatti ed ottenuto il preventivo assenso del locale sodalizio criminale sulla possibilita’ di realizzare l’investimento.
La radicata forza prevaricatrice della locale organizzazione mafiosa e’ altresi’ attestata dalla circostanza che buona parte degli appalti di servizi pubblici sono stati affidati, nel tempo, a soggetti riconducibili ad ambienti controindicati e, come emerso da fonti tecniche di prova, dal fatto che gli affidamenti degli appalti di servizi sono stati, in taluni casi, preventivamente concordati tra gli amministratori locali ed esponenti della locale criminalita’ organizzata.
Tali aspetti sono attestati dall’esame delle relative procedure che hanno evidenziato, in particolare, come nei bandi di gara per l’assegnazione dei servizi cimiteriali e dei servizi di pulizia di edifici pubblici erano previsti requisiti specifici posseduti solamente dalle societa’ riconducibili alla locale organizzazione criminale.
Inequivocabile conferma dell’interferenza esercitata dalla locale organizzazione sulle scelte dell’ente e’ data dalla circostanza che il servizio di manutenzione del verde pubblico, la gestione dei servizi cimiteriali, il servizio di manutenzione della rete idrica e quello della pubblica illuminazione sono, tutti, stati affidati a societa’ riconducibili a soggetti destinatari della menzionata ordinanza di custodia cautelare.
Sebbene alcune delle menzionate procedure siano state disposte nel corso di precedenti mandati amministrativi, le parzialita’ compiute vanno comunque ricondotte alla responsabilita’ dell’attuale amministrazione in virtu’, come gia’ evidenziato, dei profili di continuita’ rappresentati dal sindaco nonche’ da altri componenti dell’attuale compagine gia’ presenti nella precedente consiliatura.
Concorrono a delineare il quadro di un’amministrazione gestita sulla base di logiche clientelari e cointeressenze tra apparato politico e criminalita’ organizzata le pressioni esercitate dal sindaco per favorire le assunzioni di personale presso una cooperativa controllata dalla locale cosca e che piu’ volte ha ricevuto contributi da parte dell’ente.
Elementi emblematici che evidenziano uno sviamento dell’attivita’ amministrativa dai principi di buon andamento sono stati posti in rilievo dalla verifica concernente l’organizzazione degli uffici.
E’ emerso infatti che dipendenti gravati da pregiudizi specifici e riconducibili alla locale organizzazione criminale sono stati assegnati ad uffici di primaria importanza ai fini dell’attuazioni del programma politico e che altro dipendente, anche in questo caso contiguo ad ambienti controindicati, prestava servizio presso un ufficio di diretta collaborazione del sindaco.
Ulteriori criticita’ che contribuiscono a definire la situazione di precarieta’ dell’ente locale e la diffusa illegalita’ hanno interessato il settore finanziario contabile.
L’amministrazione comunale ha infatti operato facendo ricorso ad una ripetuta anticipazione di cassa, autorizzata di volta in volta dall’organo competente ma, diversamente da quanto espressamente richiesto dall’art. 195 del decreto legislativo n. 267/2000, senza determinazione espressa con riguardo ai reiterati utilizzi temporanei delle somme a specifica destinazione.
Tali anomalie e illegittimita’ sono un segnale evidente dell’incapacita’ o della mancanza di volonta’ dell’amministrazione eletta di dettare indirizzi e attuare adeguate strategie di vigilanza e controllo in un settore di vitale importanza per la sana gestione dell’ente locale, settore nel quale invece e’ stata accertata la sussistenza di atteggiamenti omissivi, se non addirittura compiacenti, a tutto vantaggio di interessi riconducibili ad ambienti controindicati.
L’insieme dei suesposti elementi e’ idoneo a suffragare le rilevate forme di condizionamento del procedimento di formazione della volonta’ degli organi comunali, essendo questo caratterizzato da collegamenti indizianti la compromissione del buon andamento e dell’imparzialita’ di quell’amministrazione comunale a causa delle deviazioni nella conduzione di settori cruciali nella gestione dell’ente.
Il processo di legalizzazione dell’attivita’ del comune e’ gia’ iniziato attraverso la gestione provvisoria dell’ente, affidata ai tre commissari prefettizi per garantire l’affrancamento dalle influenze della criminalita’, ed e’ indispensabile farlo proseguire con la nomina della commissione straordinaria di cui all’art. 144 del citato decreto legislativo, che in un arco temporale piu’ lungo consentira’ di portare a termine iniziative ed interventi programmatori che, piu’ incisivamente, favoriranno il risanamento dell’ente.
Rilevato che, per le caratteristiche che lo configurano, il provvedimento dissolutorio previsto dall’art. 143 del decreto legislativo citato, puo’ intervenire finanche quando sia stato gia’ disposto provvedimento per altra causa, differenziandosene per funzioni ed effetti, si propone l’adozione della misura di rigore nei confronti del comune di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), con conseguente affidamento della gestione dell’ente locale ad una commissione straordinaria cui, in virtu’ dei successivi articoli 144 e 145, sono attribuite specifiche competenze e metodologie di intervento finalizzate a garantire, nel tempo, la rispondenza dell’azione amministrativa alle esigenze della collettivita’.
In relazione alla presenza ed all’estensione dell’influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Roma, 26 marzo 2013
Il Ministro dell’interno: Cancellieri
maggio 6th, 2013 at 13:10
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