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PAURA E CORAGGIO LUNGO LA STRADA DELLA VITA

16 febbraio 2022 Nessun Commento

Nei loro occhi si legge la paura, il terrore ed il dramma di una guerra che stravolge la vita. Case squartate, morti, amici persi e scomparsi, strade cancellate, palazzi crollati e tanto dolore.

Sono giovani ed hanno dei figli. Per loro avevano pensato le cose più belle perché nessuno, oggi, poteva pensare alla guerra. Ed invece nel cuore della notte, in un attimo, tutto cambia. La violenza delle bombe si è trasformata in un terribile boato. Poi il fuoco e loro increduli lì fermi, pietrificati e gelidi.

La paura assale, i bambini piangono, urlano e i vicini ancor di più. Si corre negli scantinati per cercare riparo. Ma il fuoco brucia e le fiamme si alzano velocemente mentre divorano interi palazzi. È il cuore della gente ad essere in fiamme al pari della casa accanto dove il fuoco ha divorato ogni cosa e mentre crolla, piegandosi a metà, il freddo rumore emesso e lo scricchiolino terrorizzano tutti ma soprattutto i bambini.

Con gli occhi spalancati fissano la scena mentre le mamme li stringono al petto per sottrarli da altro orrore.

Corrono in pigiama lungo le scale, scendono veloci e si rifugiano in cantina. Tante notti passate lì con i bimbi in braccio senza saper cosa dire. E loro chiedono perché. Sofia(nome di fantasia) racconta i dettagli mentre gli occhi si riempiono di lacrime. Quei muri spenti, di colore grigio e senza luce sono stampati nella mente, come mostri avanzano a tratti e li ricorda bene anche il figlio di sette anni quando chiede “mamma perché dormiamo qui?”.

Culle, materassi per terra, coperte e niente altro. Si dorme vestiti. Forse si dovrà scappare. Ed il cuore di quella gente, così come bene fa intendere Sofia, arde più del fuoco. Brucia e divampa in ogni luogo mentre si pensa che fine abbiano fatto gli altri. Saranno vivi, feriti o morti?

E gli altri non sono solo gli amici ma i parenti più cari. La guerra non è in televisione ma lì, dentro casa e dentro ogni persona. Un orrore che non si riesce a pensare o a raccontare. Un orrore che si è costretti solo a vivere. Un’azione bellica non voluta dal popolo. Non voluta da nessuno. Ed invece c’è.

Intanto, mentre le bombe continuano a cadere, loro sono lì. Mille pensieri volano nella mente provocando un rumore ancora più assordante delle bombe. La guerra è entrata nella loro vita e loro non vogliono combattere. Desiderano solo distruggere il dolore e lenire quello degli altri. Urla e disperazione avanzano forti. È la gente del palazzo accanto. Si sentono pianti. Più di uno è morto ma non si sa chi. Almeno non ora.

Sofia, impietrita, pensa che forse è giunto il momento di partire. Scappare dal terrore per non mostrare altro ai figli. Nessuna valigia da preparare. Viene presa tra le mani  solo la vita, posta in braccio ed accarezzata come sta facendo la nonna con la nipotina.

Non è facile lasciare nella guerra altri; ma non tutti possono partire. Il cuore si spezza al pensiero di lasciare la mamma anziana ed il padre avanti negli anni. Tutto è un pianto è atroce. Un pianto che lacera l’animo e che non fa sentire più nemmeno la violenza delle bombe che ancora cadono.

Ed il nonno piegato sul bimbo lo stringe al petto. Spera di poterlo rivedere. Poi lo consegna alla madre mentre tutti si abbracciano. È ora di partire. Staccarsi dai propri cari è come rompersi, come lasciare un pezzo l’uno nell’altro. Ed incompleti si parte anzi, si scappa. Sofia aveva sentito una parente che vive a Reggio. È stata lei a chiedere aiuto alla “Collina del Sole” di Gallico, una cooperativa sociale di espressione cattolica che si occupa di minori. Loro hanno subito aperto la porta.

Con questa certa accoglienza nel cuore la famiglia di Sofia ed un’altra partono. Hanno una sola automobile ma va bene lo stesso. A loro, all’ultimo momento, si aggiunge una terza famiglia con due bambini. Solo il tempo di prendere la loro macchina e si parte.

Dentro Kiev alcuni luoghi sono irriconoscibili. Palazzi caduti, altri ridotti a brandelli, sfilacciati come tessuto consumato dal tempo ed illuminati a tratti da bagliori di luce che, ancora una volta, mordevano l’animo.  Erano bombe assassine che esplodevano al pari di scene di un film.

Dentro quelle case c’è gente e molti sono morti. Vite cancellate dal fuoco della guerra. Altre bombe ancora continuano a cadere lungo il percorso. Si sentivano i colpi di mortaio e qualche mitragliatrice. Ma loro continuano. Sofia guarda alle sue spalle per osservare i tratti dei luoghi che l’hanno vista crescere ma ora non li riconosce più.

Si sente estranea nella sua stessa terra. Costretta a fuggire assieme agli altri in una strada che ancora non sa dove li porterà. Avanti c’è polizia e soldati, tutto è un presidio. Si cammina mentre il cuore batte forte. E mentre il petto diventa quasi incapace di contenere il respiro un’altra bomba cade nei palazzi vicino la strada. Ed ancora si corre. Si pensa, mentre nulla si dice. In macchina nonostante sono in sette tutto è silenzio. Ma il pianto dei bambini riporta tutti alla consapevolezza del vivere.

Due macchine della polizia si presentano ai loro occhi. Il respiro si fa nuovamente corto mentre il cuore quasi esce fuori dal petto. Stanno per intimare l’alt  ed essere fermati. Invece no. Li lasciano passare ma subito, eccoli, fermano i loro amici.

Non si può tornare indietro per aiutarli. Bisogna per forza avanzare. Solo dopo pochi minuti, per telefono, raccontano che la polizia li ha invitati a rientrare.  Troppo rischioso andare oltre.

L’automobile di Sofia continua il viaggio sperando di non incontrare un altro posto di blocco. Le luci dell’alba intanto si fanno intravedere nel lontano orizzonte mentre il sole non tarda a spuntare.

A pochi chilometri c’è il confine e potranno essere al sicuro. Finalmente sono giunti in Italia ma il viaggio è ancora lungo. Bisogna arrivare nella punta dello stivale.

Tutto è ora più sereno. Non si sente il tonfo delle bombe che spostano l’aria anche se questo, purtroppo, è registrato costantemente nella testa. E mentre gli occhi si chiudono per qualche istante, il corpo soprassalta portando la mente nella cruda realtà e nei ricordi dell’incubo.

Poi finalmente giungono davanti la cooperativa “collina del Sole”.  Sono a Gallico e là davanti c’è la presidente Mariella Quattrone, pronta ad accoglierli con calore umano.  La guerra, dice, “non guarda in faccia nessuno. È terribile la loro esperienza. Nei loro volti avevano stampata la paura”.

Don Antonino Iannò emozionato afferma: “l’immagine che mi porto nel cuore è la scena che ho visto appena entrato nella stanza preparata con dei giocattoli: una bambina sul cavalluccio che giocava e non voleva scendere, il fratellino più grande che la guardava e la più piccolina tra le braccia della mamma”.

Ed ecco che l’ordinario diventa straordinario come il viso di Sofia quando accenna un mezzo sorriso facendo sparire, per un istante, i solchi del terrore. Una gioia mista al dolore. Difficile da raccontare, facile da capire quando si è consapevoli di essere in salvo mentre genitori, fratelli e sorelle sono sotto le bombe.

E la Chiesa accoglie e continuerà a farlo mostrando il volto di Cristo che abbraccia, il solo capace di far sorgere il sole anche nel cuore della notte. Accogliere, sorreggere, confortare ed accompagnare. Una missione vera che dura da sempre.

Bella l’immagine trasmessa dal vicario episcopale, don Francesco Megale: “Ho visto la bambina gettarsi tra le braccia di una volontaria. Era una sconosciuta ma a soli due anni ha capito di potersi fidare”.

Ed ecco come la Chiesa di Reggio Calabria apre le porte, attraverso strutture nate sotto la sua stessa ala ed ecco come dalla collaborazione tra Arcidiocesi, Croce Rossa Italiana, Comitato Italiano per l’Unicef,  Osservatorio zonale minori e famiglia e Caritas diocesana si può regalare gioia nonostante il dolore prodotto da alimenta la disumana guerra.

Vincenzo Malacrinò

pubblicato sullo speciale di Gazzetta del Sud

 

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