ANCORA SI GIOCA ALLA FIUMARA
20 gennaio 1998
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Il popolo si chiede quando cambierà qualcosa
Com’è possibile continuare su questa scia, su quest’onda che travolge la gioventù crescente, quella che già vive una profonda crisi legata all’assenza di lavoro e quindi alla disoccupazione?
A peggiorare tale crisi concorre anche il clima arido e sterile che più volte circonda l’individuo tale da diventare ostile ed antipatico premonitore della partenza o per meglio dire dell’emigrazione.
L’ostilità e l’aridità di cui si parla è legata all’assenza nel paese di strutture tali da invogliare quanti desiderano restare in esso.
Non è ammissibile, affermano i giovani, vivere in un paese bello ma che manca di ambienti ricreativi.
L’incantevole paesaggio che caratterizza Montebello rimane tale se in esso non si costruiscono i presupposti per farlo ripopolare attraverso una politica che invogli la gente a restare perché sicura che in esso non manca l’ordinarietà.
Già la condizione giovanile è fortemente handicappata dalla mancanza di lavoro e se a questa si aggiunge l’assenza di strutture il tutto porta l’individuo all’alienazione del proprio essere.
Da sempre lo sport ha assunto piani di riguardo e la sua pratica è stata più volte la molla che ha fatto scoprire ad alcuni la capacità di essere campioni.
Ma come può questo accadere in un paese dove manca persino un campo da calcio?
Come si possono scoprire i campioni, che sicuramente ci sono, se non esistono le strutture idonee per estrapolare da se stessi le proprie capacità?
Il grigio del sud diventa buio quando non si ha la reale e tangibile possibilità di emergere in una società difficile che non regala niente a nessuno.
E così chissà quanti giovani soffocano o meglio abortiscono delle doti eccezionali che si portano dentro per l’impossibilità di esternarle.
E se non ci fossero campioni si potrebbe dire lo stesso che la vita scorre meglio se il sabato sera o qualche altro giorno si ha la possibilità di tirare due tiri in porta fra amici anche se questi giungono fuori classe al portiere.
Questo pensano i giovani di Montebello quelli che per l’assenza di un campo sportivo non hanno la possibilità di fare quanto sopra detto.
Per questo animati dall’entusiasmo di sempre si sono uniti per costruirsi un campo che durerà fino alle prossime piogge meteoriche.……. proprio perché è stato improvvisato alla buona nella fiumara.
Validi sono stati i piccoli collaboratori e cioè i ragazzi delle scuole elementari i quali sentendo l’esigenza dell’avere un campo hanno aiutato i “grandi” nell’impresa.
Il loro sforzo è stato massimo motivato dal fatto che, al contrario degli adulti, non hanno la possibilità di prendere la macchina per spostarsi in altri paesi dove tali strutture esistono.
Così in mezzo ad una fiumara è sorto un campetto con l’acqua che passa a fianco e che allieta il gioco degli audaci.
Ma si può continuare a giocare in questo modo? Si può continuare a non possedere niente di definitivo? La precarietà è dote della nostra esistenza? I giovani sperano proprio di no.
Comunque nella sua semplicità e pochezza l’idea dell’improvvisare questo campo può essere definita un opera non per lo stato di fatto ma perché capace ridurre la percentuale delle probabilità che i più piccoli avevano di andare a finire sotto le macchine giacché prima il campo sportivo era rappresentato dalle strade.
Comunque la buona volontà e l’entusiasmo non possono costruire una vera e propria struttura sportiva.
Per realizzarla oltre a questi elementi ci vogliono fondi, cosa che i giovani disoccupati non hanno.
La loro speranza è che al più presto l’amministrazione comunale si mobiliti affinché costruisca per loro una struttura degna di questo paese che è comune.
Vogliamo, dicono i giovani, non lasciare il nostro paese anche se il lavoro non abbonda ma almeno che i nostri amministratori ci garantiscono il minimo per restare.
E forse in queste poche parole consistenti nel desiderio che l’amministrazione comunale costruisca un campo sportivo che è racchiuso il forte desiderio di vivere là dove si è nati.
Non si vuole lasciare il proprio paese, non si vogliono lasciare gli affetti e la terra che si è vista attraversare dai primi passi di chi ora è adulto.
Esiste una radicale attrazione ed è giusto che sia così ma affinché l’azione attrattiva non svanisca è necessario costruire i presupposti per mantenerla sempre su alti valori.
Com’è possibile continuare su questa scia, su quest’onda che travolge la gioventù crescente, quella che già vive una profonda crisi legata all’assenza di lavoro e quindi alla disoccupazione?
A peggiorare tale crisi concorre anche il clima arido e sterile che più volte circonda l’individuo tale da diventare ostile ed antipatico premonitore della partenza o per meglio dire dell’emigrazione.
L’ostilità e l’aridità di cui si parla è legata all’assenza nel paese di strutture tali da invogliare quanti desiderano restare in esso.
Non è ammissibile, affermano i giovani, vivere in un paese bello ma che manca di ambienti ricreativi.
L’incantevole paesaggio che caratterizza Montebello rimane tale se in esso non si costruiscono i presupposti per farlo ripopolare attraverso una politica che invogli la gente a restare perché sicura che in esso non manca l’ordinarietà.
Già la condizione giovanile è fortemente handicappata dalla mancanza di lavoro e se a questa si aggiunge l’assenza di strutture il tutto porta l’individuo all’alienazione del proprio essere.
Da sempre lo sport ha assunto piani di riguardo e la sua pratica è stata più volte la molla che ha fatto scoprire ad alcuni la capacità di essere campioni.
Ma come può questo accadere in un paese dove manca persino un campo da calcio?
Come si possono scoprire i campioni, che sicuramente ci sono, se non esistono le strutture idonee per estrapolare da se stessi le proprie capacità?
Il grigio del sud diventa buio quando non si ha la reale e tangibile possibilità di emergere in una società difficile che non regala niente a nessuno.
E così chissà quanti giovani soffocano o meglio abortiscono delle doti eccezionali che si portano dentro per l’impossibilità di esternarle.
E se non ci fossero campioni si potrebbe dire lo stesso che la vita scorre meglio se il sabato sera o qualche altro giorno si ha la possibilità di tirare due tiri in porta fra amici anche se questi giungono fuori classe al portiere.
Questo pensano i giovani di Montebello quelli che per l’assenza di un campo sportivo non hanno la possibilità di fare quanto sopra detto.
Per questo animati dall’entusiasmo di sempre si sono uniti per costruirsi un campo che durerà fino alle prossime piogge meteoriche.……. proprio perché è stato improvvisato alla buona nella fiumara.
Validi sono stati i piccoli collaboratori e cioè i ragazzi delle scuole elementari i quali sentendo l’esigenza dell’avere un campo hanno aiutato i “grandi” nell’impresa.
Il loro sforzo è stato massimo motivato dal fatto che, al contrario degli adulti, non hanno la possibilità di prendere la macchina per spostarsi in altri paesi dove tali strutture esistono.
Così in mezzo ad una fiumara è sorto un campetto con l’acqua che passa a fianco e che allieta il gioco degli audaci.
Ma si può continuare a giocare in questo modo? Si può continuare a non possedere niente di definitivo? La precarietà è dote della nostra esistenza? I giovani sperano proprio di no.
Comunque nella sua semplicità e pochezza l’idea dell’improvvisare questo campo può essere definita un opera non per lo stato di fatto ma perché capace ridurre la percentuale delle probabilità che i più piccoli avevano di andare a finire sotto le macchine giacché prima il campo sportivo era rappresentato dalle strade.
Comunque la buona volontà e l’entusiasmo non possono costruire una vera e propria struttura sportiva.
Per realizzarla oltre a questi elementi ci vogliono fondi, cosa che i giovani disoccupati non hanno.
La loro speranza è che al più presto l’amministrazione comunale si mobiliti affinché costruisca per loro una struttura degna di questo paese che è comune.
Vogliamo, dicono i giovani, non lasciare il nostro paese anche se il lavoro non abbonda ma almeno che i nostri amministratori ci garantiscono il minimo per restare.
E forse in queste poche parole consistenti nel desiderio che l’amministrazione comunale costruisca un campo sportivo che è racchiuso il forte desiderio di vivere là dove si è nati.
Non si vuole lasciare il proprio paese, non si vogliono lasciare gli affetti e la terra che si è vista attraversare dai primi passi di chi ora è adulto.
Esiste una radicale attrazione ed è giusto che sia così ma affinché l’azione attrattiva non svanisca è necessario costruire i presupposti per mantenerla sempre su alti valori.
Vincenzo Malacrinò