LA CENTRALE A CARBONE A DUE PASSI DI UN’OASI PROTETTA
Montebello Jonico – Salvaguardare il Pantano di Saline Joniche dal “pericolo” carbone. Oltre a quelle che riguardano salute dei cittadini e ambiente, è questa l’altra preoccupazione emersa nelle ultime assemblee pubbliche sulla centrale a carbone. Dichiarato da una legge regionale del 2001 «oasi di protezione della fauna selvatica e della flora tipica delle acque salmastre», il Pantano costituisce uno dei tanti fiori all’occhiello del territorio montebellese. A dare ulteriore lustro a quest’area protetta ha contribuito la Commissione europea nel luglio 2006, quando ha inserito il Pantano nell’elenco dei siti di importanza comunitaria dell’area mediterranea. Una centrale a carbone, con l’immissione nell’atmosfera di ingenti quantitativi di anidride carbonica, riconosciuto come il più micidiale gas serra in circolazione sul pianeta, si abbatterebbe come una mannaia sull’area, sita proprio nelle adiacenze dell’ex Liquilchimica, deturpandola irrimediabilmente. Questo il pensiero unanime delle associazioni ambientaliste (Legambiente e Wwf in primis) che da anni si battono per un rilancio dell’area.
Un’area costituita da uno stagno permanente in cui l’acqua che giunge dal mare, mescolandosi con l’acqua dolce della falda superficiale, dà come risultato la formazione di acque salmastre che si raccolgono nella depressione esistente. L’azione delle acque e del terreno origina processi di erosione, frane e piene alluvionali, con conseguenti fratturazioni che conferiscono suggestive morfologie al territorio. L’area presenta ancora una serie variegata di habitat: zone di laguna salmastra, prati umidi e vegetazione idrofila adattata a condizioni di forte salinità. Per quanto riguarda la flora, essa annovera folti canneti di cannuccia di palude, canne domestiche, tamerice, cespi di giunco acuto e finocchio acquatico.
Con riferimento alla fauna, invece, il pantano rappresenta un’area importante per la migrazione degli uccelli. Sulle lingue di fango ricoperte di salicornia depone le uova il “cavaliere d’Italia”, simbolo del luogo. Fanno bella mostra di sé, inoltre, l’airone cenerino, l’airone rosso, l’airone bianco maggiore, la cicogna bianca, il fenicottero e i coloratissimi martin pescatore. Tra i rapaci spiccano il falco di palude, il falco pescatore e il falco pecchiaiolo. Quasi sempre presenti, infine, il gabbiano comune e il gabbiano reale mediterraneo.
Nel luglio del 2007, ancor prima che venissero allo scoperto i propositi della Sei, la Provincia aveva presentato un ambizioso progetto che prevedeva, fra le altre cose, la bonifica e messa in sicurezza del Pantano sulla base di importanti somme deliberate dal Cipe. Non se ne fece nulla perché il ministro Tremonti bloccò i fondi Fas destinati alla Calabria, suscitando le ire dell’allora governatore Loiero. Ma tanti altri sono i progetti presentati per la valorizzazione turistica del Pantano che però, per un motivo o per un altro, non sono stati ancora attuati. Resta il fatto che uno scenario naturalistico così suggestivo, alla luce degli eventi che si stanno prospettando, rischia di essere spazzato via. Anche per questo non si vuole una centrale a carbone a Saline.
Federico Strati
Pubblicato sulla “Gazzetta del Sud”
dicembre 29th, 2010 at 23:31
Giusto ,la centrale di carbone non riguarda solo noi ma tutto cio’ che vive:persone, piante , animali. Ma come si puo’ accettare una convivenza con questo tumore ,con questa bomba o qual si voglia chiamare questa centrale che sicuramente ci portera’ alla morte…..?