MONIA FOTI, UNA MENTE ORIGINALE
Vuole comprendere come dal DNA si origina tutto e che cosa accade alle cellule tumorali in seguito al danno provocato da trattamenti chimici. Scrutare l’unità biologica mentre mette in atto meccanismi di difesa per salvarsi è il suo forte.
Il tutto per individuare “target” genetici da andare a modulare per aumentare l’efficienza della chemioterapia.
Questo studia, Monia Pugliese reggina di Montebello Jonico che, appena diplomata al Liceo Scientifico “L. da Vinci” di Reggio Calabria si iscrive alla triennale di Scienze Biologiche presso l’Università di Messina. Poi “correre” alla “Sapienza” di Roma per la specialistica in “biologia cellulare e molecolare”.
Non le pesa mettersi ore ed ore sui libri. “Superavo gli esami molto facilmente, dice, perché amavo quelle discipline e non vedevo l’ora di mettere tutto in pratica”.
Dopo meno di un anno, infatti, inizia un tirocinio formativo presso l’Istituto Superiore della Sanità dove cerca di capire la vita di una particolare proteina: l’enzima endonucleasi. Se non si “accende e spegne” nel giusto modo potrebbe tagliare il DNA al pari delle forbici.
“Evento, dice la giovane ricercatrice, che se perpetuato può far acquisire alla cellule dei vantaggi proliferativi (cancro) oppure mandarle incontro a morte”.
Laureata brillantemente vince il Dottorato di Ricerca in “Biologia umana e genetica medica”. Lo supera con lode. In questa esperienza, dice “ho imparato tante tecniche e protocolli. Sono diventata critica nell’analizzare un esperimento e sono riuscita a portarli avanti da sola”. I suoi lavori vengono pubblicati ed anche come primo autore su prestigiose riviste scientifiche.
Dura e testarda, molto indipendente Monia nonostante sia “scappata” per seguire il suo sogno è sempre rimasta molto legata alla famiglia. Con papà Carmelo, mamma Cinzia ed il fratello Francesco ha un rapporto straordinario, vivo e profondo.
E non mancano i momenti di solitudine che le fanno dire “chi me lo ha fatto fare. Lasciare tutto, per cosa?” poi si risponde da sola: “seguire un sogno”. Un sogno che, se va nel verso giusto, potrebbe cambiare la vita di tanta gente.
“La mia terra, aggiunge, in tal senso non aveva nulla da offrirmi”. Ed ecco la fuga amara dei cervelli.
Fuori è vero che si sperimenta molta qualità scientifica ma anche tanta malinconia. Si è soli e sradicati dal proprio ambiente.
Adesso da assegnista ricerca continua a studiare le cellule del corpo umano per cercare soluzioni a grandi problemi: capire perché alcuni pazienti, con diverse mutazioni sullo stesso gene, rispondono meglio o peggio alla terapia chimica.
Il suo sogno è uno e sempre lo stesso: continuare a fare ricerca.
Vincenzo Malacrinò
pubblicato sulla Gazzetta del Sud