IL LAGHETTO, UN ALTRO SIMBOLO DI ABBANDONO
Montebello Jonico – Abbandonato, lasciato al proprio destino, a volte incendiato e difeso da soli volontari. Questo è il pantano di Saline di Montebello Jonico, dove da poco è sorto un raggio di speranza: l’osservatorio della biodiversità realizzato dal WWF.
Un’oasi naturale, rara tanto da essere considerata dall’Europa come Sito di Interesse Comunitario ma lasciata, negli anni, sola alla propria sorte tra le ferraglie della ex Liquichimica e i binari della ferrovia. Eppure sono presenti due splendidi laghetti nominati persino nella storia di Sant’Elia il giovane, da Enna, quando si parla del miracolo del breviario asciutto di cui è testimone il suo discepolo Daniele. A lui, infatti, il Santo dice di gettare nell’acqua il libro per poi riprenderlo senza nessuna pagina bagnata.
Ma queste storie non vengono raccontate là dove sovrasta l’abbandono e tutto viene lasciato cadere nel vuoto.
Quest’area racconta ancora altre silenziose storie: nel 1700 quelle erano le famose saline di Reggio, il luogo in cui si produceva abbondante sale. Ma è anche l’area in cui si respirava il profumo del gelsomino imperante su tutta la costa. Lì, donne e bambini ancora piccoli raccoglievano i fiori per venderli al mercato delle essenze. Tra sospiri e pianti i piccoli ancora in fasce seguivano i movimenti delle madri quando il cielo era illuminato dalla luna e gli uccelli iniziavano la danza con il primo canto.
Ed i laghetti sono rimasti tali. La loro complessità ha imposto all’uomo di lasciarli integri nella loro rara bellezza per essere oggi meta e sosta di tantissimi volatili.
Stanchi ed affamati si fermano recuperare energia mentre apprezzano anch’essi il presente: alla bellezza di Pentidattilo alle spalle si contrappone l’immagine delle ferraglie della ex Liquichimica piene di ruggine che decanta l’abbandono.
Sparati dai cacciatori nel lontano passato e difesi dai volontari del WWF e di altre associazioni ambientaliste osservano, oggi come un tempo, il cielo senza che il rumore della automobili o il fischio del treno li spaventi. Eppure un sussurro umano li farebbe scappare.
Da poco, su questo luogo che permette il mantenimento e la salvaguardia della biodiversità si è aperto un raggio grazie all’azione del WWF: la costruzione di un percorso teso a raggiungere da vicino il pantano al fine di osservare le diverse specie. Un osservatorio, dunque, costruito secondo regole precise.
La professoressa Ida Evoli, presidente O.A.WWF provincia di Reggio Calabria, esterna tutta la sua soddisfazione mentre evidenzia lo sforzo dei volontari operanti sul territorio.
“L’osservatorio della biodiversità, dice, è un’opera attesa da molto e da molti. Questa consentirà di scrutare i diversi momenti di vita dei volatili che sostano nei due laghetti in attesa della partenza”.
Il WWF, nella realizzazione del progetto che parte dal POR Calabria 2014 – 2020, ha potuto contare sulla sensibilità di RFI – Rete Ferroviaria Italiana – che ha provveduto a delimitare il percorso e a realizzare la recinzione.
Così dalla stazione ferroviaria di Saline si apre l’ingresso al percorso costruito dal WWF. Il sentiero che ora è motivo di vita con cartelloni tesi a spiegare ai visitatori le peculiarità delle diverse specie.
Poi un tratto da percorrere in totale silenzio finalizzato al raggiungimento dell’osservatorio. Si tratta di una struttura realizzata in legno circolare, come fosse un canneto. Alla base è presente un gradino che consente l’abbandono del suolo mentre delle feritoie ad altezza uomo che consentono all’osservatore di poter scrutare la vita acquatica e terrestre dei volatili.
Ed ecco garzette, fenicotteri, cigni, anatre, cicogne e addirittura la rara cicogna nera. Durante l’anno, presente all’appello anche il cavaliere d’Italia che nidifica in loco, il martin pescatore, aironi cenerini e rossi, il fanello, il corriere, il falco di palude e molti altri come il cigno reale, il gheppio, la gallinella d’acqua, le gru ed il gabbiamo reale accompagnato dal nibbio, dal falco e da altri che giungono dal deserto.
Dopo lunghi viaggi arrivano stremati nell’oasi del primo soccorso e della sopravvivenza. Da lì tutto inizia per poter continuare non solo un viaggio ma il ciclo vitale delle diverse specie che altrimenti potrebbero essere compromesso.
“Ecco perché è importante la salvaguardia dell’area, dice la presidente WWF, e pensare che in passato, in alcune circostanze, c’era gente che si divertiva ad abbatterli”.
L’interesse per il Pantano è partito dal WWF, precisa la Evoli, grazie al professore Tito Solendo, volontario WWF, fino a diventare area protetta con la legge regionale promossa dall’allora consigliere regionale Michelangelo Tripodi. Era l’anno 2001.
In funzione di ciò il l’associazione ambientalista ha presentato al Comune un progetto teso a costruire un osservatorio e una serie di altri interventi sull’area. I fondi erano regionali e l’architetto Adriano Paolella, amministratore unico del WWF Ricerca e Progetti ha ideato l’azione di intervento. “Un progetto complesso, dice la Evoli, perché non si doveva costruire solo il capanno ma una serie di interventi per migliorare l’area”:
Da qui la sorpresa: i materiali, dice la professoressa Evoli, vengono pagati e consegnati all’Ente ma stranamente depositati all’aperto lungo la strada che porta alla stazione ferroviaria di Saline in prossimità di Villa Rognetta. Poco dopo tutto, ogni cosa, sparisce e nessuno sa che fine abbia fatto mentre le amministrazioni comunali cambiano. “Non erano nostri materiali, prosegue rammaricata, ma abbiamo dentro una grande amarezza. Nonostante il nostro interesse sul tema nessuno ci ha saputo dare risposte”.
Ma non è stata sola questa la disavventura dei laghetti: un altro progetto, il “Life plus 2008” presentato dal Comune di Montebello Jonico come Ente capofila viene bocciato dalla Comunità Europea e Bruxelles scrive che “il progetto non può superare i criteri di buona pratica”. Così, ancora una volta, il pantano rimane “impantanato” tra le carte assieme a tutta la biodiversità come fosse figlio di nessuno.
Il 29 marzo 2019 l’area viene acquistata dal Comune di Montebello Jonico ed è lì in attesa come sempre. Nulla cambia. Basta considerare che dal 2001, anno in cui viene dichiarata SIC, ad oggi sono passati 20 anni e niente di concreto si è registrato in quel luogo tranne il progetto dell’osservatorio del WWF da poco realizzato. Venti lunghi anni e tutto è rimasto in balia delle onde.
Guardando al futuro, altri progetti dovrebbero giungere sull’area, come quello della Città Metropolitana. Il sindaco di Montebello Jonico Maria Foti fa sapere che una grande occasione è rappresentata dal CIS Calabria scoprire bellezza. “Non ce la faremo scappare, precisa, e stiamo elaborando un progetto in tempo stretti insieme alla città metropolitana”.
Si vorrebbe sistemare la parte antistante al mare per recuperare la fruibilità dell’area. La prima scheda, precisa, “dovrà essere presentata entro il 15 dicembre”. Progetto seguito per il Comune dall’architetto Salvatore Cuzzucoli e dal dott. Domenico Rosaci mentre per la città metropolitana dalla dott.ssa Sabrina Santagati e dall’architetto Domenica Laface.
Qualcosa, dunque, dovrebbe accadere nel luogo lasciato per anni in braccio all’inerzia, dove promesse e parole hanno raggiunto ogni meta lontana, però, dalla concretezza.
La terra delle tre ex (ex liquichimica, ex Ogr ed ex porto) è luogo dei mille sospiri dove la disillusione si tocca con mano al pari della rassegnazione della gente mista a rabbia e a delusione.
Il falso sviluppo ed in finto benessere proposto nel passato che ha permesso la devastazione violenta dell’area, a distanza di anni, con i suoi ferri arrugginiti e blocchi di cemento, pagati dalla gente, offende ogni cittadino e tutto il territorio.
Solo i laghetti, per la loro natura, si sono sottratti all’onda del progresso-regresso degli anni ’70, diventando punto di riferimento non per chi li avrebbe dovuti valorizzare ma solo per i volatili provenienti da posti lontani.
Quel luogo raro, che forse altre regioni lo avrebbero usato come volano di sviluppo per il territorio aspetta ora come un tempo.
Encomiabile l’azione del WWF, ad oggi, la sola a produrre un risultato tangibile sul territorio ma ciò non basta se poi intorno vince il silenzio e l’attesa mentre accanto sorgono parole senza fatti al seguito.
Vincenzo Malacrinò
Pubblicato su “Gazzetta del Sud”