STRADE PROVINCIALI FUORI USO
Cunette coperte di terra, tombini privi di protezione, erbacce affacciate sulla strada e parapetti usurati dal tempo caratterizzano le provinciali dei paesi costruiti ai piedi dell’Aspromonte.
Bagaladi, San Lorenzo, Roccaforte, Condofuri, Motta San Giovanni, Montebello Jonico ed altri borghi vantano un asse viario abbandonato da tempo, figlio di antiche mulattiere percorse da carri. Ed in alcuni tratti così sono rimaste tra curve e tornanti chiusi a gomito capaci di impedire il contemporaneo passaggio di due mezzi.
Ma questa è cosa di poco conto. L’abbandono lungo questi assi regna sovrano in modo allucinante. Dal mare alla montagna, il percorso che conduce in questi luoghi, belli ed incantati, sembra uguale per tutti: tratti dissestati, cunette inesistenti, occupate da terra ammassata d’inverno, guard rail in pietra logorati dal tempo, spappolati come panetti di burro e a tratti incapaci di contenere eventuali urti.
Alcuni come anche a Motta San Giovanni, assenti e caduti nel vuoto, sostituiti da una misera rete di plastica sostenuta da esili pezzetti di ferro. In altri punti sono stati rattoppati alla meno peggio ed il nuovo è stato costruito sul vecchio mentre erbacce crescono lungo i bordi della strada, dentro le cunette “ricche” di terra tanto da poter ospitare fichi d’india, robinia pseudoacacia e molte infestanti.
In altre provinciali come quella che porta a Fossato e l’altra che da Melito Porto Salvo conduce ai paesini interni, la terra tolta dalla strada, durante l’inverno, è ancora lì ammassata dentro le cunette. Cumuli di inerti sporgenti balzano agli occhi di tutti. Già, d’inverno c’è fretta per pulire. Talmente tanta che, in alcuni casi, viene riversata dentro il bordo della strada così alla prossima pioggia eccola riversata, di nuovo, al posto di prima.
Fango e fanghiglia aumentano sempre più a discapito della sicurezza e dell’incolumità pubblica. Ma questo poco importa.
Ed ecco come il percorso diventa maggiormente insidioso soprattutto nel periodo invernale quando tutto si trasforma in trappola con pozzanghere e ciottoli seminati in più punti accompagnati da detriti di ogni genere sparsi mentre precipizi e dirupi impressionano la gente come quelli presenti lungo la strada che porta a Roccaforte del Greco.
Una vera e propria tragedia. Una vergogna se si considera il percorso che passa da Condofuri. Dopo Mangani, sono presenti guard rail in legno simili ad una vera e propria staccionata.
In molti tratti addirittura sono assenti e la gente percorre questo asse anche quando lastre di ghiaccio popolano la strada ed i pericoli incombono sempre più.
Stessa cosa per gli altri paesi dove queste strutture di protezione sono vulnerabili. È il caso della strada che porta a Montebello, Bagaladi e San Lorenzo. Sembrano di terracotta pronti a sfaldarsi al primo urto. Altri sono già piegati verso il precipizio ed altri ancora, se pur in ferro, caduti tra uno smottamento e l’altro. Certo ci sono anche tratti accettabili e sicuri ma sono pochi.
Quelli che “proteggono”, si dice per dire, la provinciale di Montebello Jonico sono un capolavoro.
Ultimamente, grazie alla loro solida azione, diverse persone hanno rischiato di morire sul colpo. Quattro nello stesso luogo ed in un arco temporale ravvicinato. Sono vivi per miracolo nonostante siano andati a finire sotto strada, praticando un tuffo nel vuoto per diversi metri.
Negli ultimi mesi due donne sono cadute nel dirupo ed i parapetti, poggiati su tavole marce ed ancorati al ferro per soli cinque centimetri, si sono frantumati all’urto mentre accompagnando le automobiliste verso la caduta libera.
Eppure viaggiavano ad una velocità minima. Come se non bastasse al danno la beffa: hanno pure dovuto pagare la multa per aver “rovinato” simili strutture.
E finche si è vivi, si può pagare e va benissimo, cosa impossibile invece il 67 montebellese trovato morto sotto la strada. Il guard rail di cemento che lo ha accompagnato nel vuoto non ha resistito. La cosa assurda è che a distanza di sette anni la struttura non è mai stata ripristinata. A protezione c’è ancora la rete arancione di quel giorno. Era il 23 febbraio 2015. Tutto è rimasto come prima.
Sempre sulla provinciale che porta a Fossato, prima dell’abitato di Montebello, otto mesi fa è crollato un pezzo di strada. Al solito, tutto liquidato con rete arancione di plastica e qualche pezo di ferro posto in verticale. Cemento per terra e nient’altro. Sotto il manto stradale è rimasto un vuoto mai misurato. Il muro di contenimento, infatti, è crollato facendo sì che il sottomanto si svuotasse al pari di un filone privo di una parte di mollica. Eppure passano camion pesanti, autobus, scuolabus con tante vite a bordo. Nonostante ciò il nulla è seguito al niente.
Scenario per certi versi simili si registra lungo la strada che porta verso Bagaladi dove, in prossimità di Chorio, un ponticello sito accanto alla fiumara si sta adagiando verso la stessa mentre il manto si è adagiato verso il basso. Lesioni e fenditure caratterizzano quasi mezza corsia al pari di altri punti in cui si è costretti a viaggiare lungo una sola carreggiata.
Ma nonostante tutto, la cosa sembra interessare solo i cittadini, aspramente adirati contro l’amministrazione competente. È come se ci fosse cittadini di serie “A” ed una di serie “B” con i quali si può scherzare persino con la loro vita. Come se non contasse più di tanto.
Anni ed anni trascorsi tra promesse e progetti come quello della pedemontana che avrebbe dovuto collegare i paesi interni con Reggio Calabria a partire da Roccaforte del Greco.
Anni addietro, ma non tanti, sono stati spesi soldi pubblici per sondaggi e sordaggini. È stato trivellato il manto stradale in diversi punti mentre alla gente veniva detto che presto si sarebbe costruita una strada. Sul posto ditte, mezzi e tecnici intenti a fare rilievi. Tutto sembrava vero e tutto in prossimità delle elezioni. Sarà stato un caso o forse ciò serviva per spendere quei soldi ed accontentare ora uno, ora un altro, al fine di avere, forse, consensi e ritorni elettorali.
Dopo, tutto è rimasto come prima. Ciò accade spesso anche con le pulizie delle strade effettuate, casualmente, in prossimità delle diverse competizioni elettorali a dimostrazione della forza politica.
E mentre in altri posti d’Italia si costruiscono autostrade, ponti ed assi viari di rilievo, qui si gioca e si perde tempo con inconcludenti rattoppamenti tanto per gettare fumo negli occhi di chi passa. Per non parlare di quando si tappano le buche somministrando nel vuoto catrame pressato con esili rulli manuali o a colpi di badile. Così il materiale, ancora fresco, spesso, si sfalda sotto le ruote delle automobili.
Promesse e mezze azioni durante le tornate elettorali ma poi i cittadini vengono liquidati con un semplice “vedremo”: Le certezze di prima si trasformano in tentennamenti; in una sorta “ondulazione” simile al manto stradale delle provinciali che portano nell’entroterra. In alcuni punti, sembra essere di plastilina.
Che dire poi dei tombini delle fognature poste giusto lungo il percorso delle automobili senza possibilità alcuna di poterle deviare.
L’abbandono col tempo si trasforma in pericolo. Tutti sanno e vedono ma se questa è la cornice forse nessuno sa e nessuno vede. Poi alla comparsa della tragedia, se “scappa” il morto, molti sono bravi a sfilare con corone e discorsi mentre inizia la tarantella dello scaricabarile per cercare il responsabile di turno.
Ed intanto la politica dice di voler salvare gli entroterra mentre li lascia soli come orfani. Predica bene e razzola male riproponendo lo stesso scenario:
In campagna elettorale sfilano tra i borghi elogiando le antiche bellezze. Promettono mari e monti. Ma sono promesse.
Così i centri montani si spopolano, i politici fingono di piangere e al posto di fare un vero “mea culpa” per l’inerzia mantenuta costante nel tempo, sono pronti raccontare al popolo un’altra storiella senza fare i conti con l’incapacità di governare. Ci si improvvisa ed anche tanto. È come se l’assistente di volo con arroganza si mette a pilotare un aereo. Cade. Ma l’impostante è avere il “pennacchio” e continuare a promettere agli elettori. Questo è anche un mestiere. Forse un’arte. A loro, infatti, grazie al voto del popolo, molto è permesso.
Vincenzo Malacrinò
pubblicato sullo speciale della Gazzetta del Sud