SANITA’ E ASSURDA BUROCRAZIA
Al danno la beffa. Ovviamente sempre sul tema “sanità”. Non si tratta questa volta dei piani terapeutici che non si ottengono in tempi umani bensì di un’altra storia. Tutta da raccontare.
Questa volta il paziente ha effettuato la visita specialistica a domicilio (geriatrica, fisiatrica, dermatologica o di altra specializzazione) per l’immissione all’Assistenza a Domicilio Integrata (ADI). Dopo presenta la pratica al PUA (punto unico di accettazione) e tutto viene inviato all’ UVM (Unità Valutazione Multidisciplinare) che si trova a Reggio. Per il distretto di Reggio Calabria al Viale Amendola.
Bene, sembrerebbe che proprio qui la sosta diventa lunga. Anzi lunghissima. A volte, addirittura, dicono i pazienti, per circa due mesi.
Un tempo molto lungo entro il quale la famiglia del paziente deve provvedere a proprie spese ad acquistare tutto ciò che per legge dovrebbe essere concesso gratuitamente.
Si comprano dunque le medicine e si paga, quando serve, persino l’infermiere privato per poter effettuare le medicazioni oppure il fisioterapista quando è necessario o altra figura professionale per altre esigenze a domicilio.
Così il servizio ADI (assistenza domiciliare integrata) viene sostituito, nei primi periodi, dalle famiglie costrette a sostenere nuove spese.
Il perché di questa sosta prolungata non si conosce. La cosa certa è che alcuni famigliari si sono recati nei punti PUA per avere delucidazioni e la risposta è stata sempre la stessa: le pratiche non sono state restituite con le dovute autorizzazioni.
Alcuni parenti dei pazienti hanno chiesto almeno la concessione dei farmaci già accordati in precedenza senza infermiere e senza altra figura professionale associata ma la risposta, anche in questo caso, è stata una: non è possibile. Infermiere e farmaci “viaggiano” insieme. Solo i farmaci non si possono avere. O tutto o niente. Fine della storia.
I pazienti con le piaghe, però, non possono aspettare, certamente, trenta o per sessanta giorni. Così la gente è costretta a provvedere a proprie spese.
Assurdità e contraddizioni che purtroppo si registrano. Una nuova si sta mettendo in pista, silenziosamente, in questi giorni, presso gli uffici dell’ASP di Melito Porto Salvo, dove l’ufficio protesico sta chiudendo le porte perché il medico dirigente è andato in pensione.
Fino a pochi giorni fa c’era il dirigente medico e due dipendenti. Adesso “assenti tutti”. Eppure ci sono tanti altri medici che potrebbero assumere la direzione del servizio ma a quanto pare, gli uffici di Viale Amendola non hanno ancora individuato nessuno. O forse sì ma senza risposta affermativa da parte degli interessati.
Nel frattempo, voci di corridoio, dicono che uno dei dipendenti, nel giro di pochi giorni e con tanto di ordine di servizio, sia stato trasferito presso la sede di Reggio. Ma ci sarebbe stato il “gran rifiuto” anche perché il “dipendente” non era dipendente dell’ASP ma di altra amministrazione tanto che lo stesso, date le nuove disposizioni, ha preferito ritornare presso l’Ente di appartenenza mentre l’ASP si è privata di una risorsa.
Cosa accadrà dopo è un punto interrogativo. Alcuni dicono che trasformeranno l’Ufficio in una sorta di sportello di accettazione mentre altri sperano che dagli Uffici di Viale Amendola il dirigente inviti uno dei tanti medici di Melito ad assumere la direzione dell’Ufficio Protesico che per anni ha rappresentato, per i pazienti, un vero punto di riferimento. Solo questo è necessario per non chiuderlo.
Vincenzo Malacrinò
Pubblicato sulla Gazzetta del Sud